LA MEDITAZIONE: FAR SILENZIO NELLA MENTEMolti milioni di persone in tutto il mondo praticano quotidianamente esercizi meditativi. Con la moda new "age", poi, questa tendenza è aumentata ancora di più, e non è certo, in generale, un male. Che significato ha la pratica "meditativa", che sicuramente ha avuto maggior fortuna in culture diverse dalla nostra, come quelle orientali? Oggi molte ricerche medico-scientifiche mettono in evidenza i benefici psicofisici che la meditazione è in grado di apportare. Ma questo è il nostro modo, occidentale, di vedere la questione. Lo scienziato dice: abbiamo applicato degli elettrodi al soggetto x e abbiamo visto che, durante l'esercizio di meditazione, la sua attività cerebrale va in "alfa" (un tipo di onde elettromagnetiche simili a quelle prodotte durante il sonno profondo). Siccome il risultato è buono per la salute, consigliamo "scientificamente" la meditazione.
I buddhisti, gli orientali, o anche i monaci cristiani, meditavano ben prima di tutte le ricerche che oggi presentano la meditazione come una pratica semplicemente salutista. Peraltro è assolutamente vero e ormai assodato che abituarsi a meditare un po' tutti i giorni, così come tutti i giorni si fa la doccia o ci si lava i denti o ci si nutre, è molto positivo ed efficace per una buona salute, perché si impara a rilassarsi consapevolmente, a vedere le faccende di tutti i giorni in modo più distaccato, a governare insomma lo stress: una sorta di doccia per l'anima! Però vederla solo così significa volere rintracciare uno scopo, un'utilità, una produttività anche nella meditazione. La meditazione è invece una cosa assolutamente inutile dal punto di vista del mondo, è qualcosa che sottrae tempo al mondo. Apparentemente non danneggia niente e nessuno, in realtà è una attività del tutto rivoluzionaria, perché sovverte, letteralmente, l'ordine costituito. Ma per capire bene questo occorre procedere per gradi e, ovviamente, praticare. In tutte le tradizioni meditare significa far silenzio nella mente. All'inizio questo spaventa, perché noi ci identifichiamo con la nostra mente. La mente, ci insegnano i mistici indiani, è come una scimmia: salta in continuazione da un pensiero all'altro, incapace di star ferma, trascinata ovunque dai desideri, dai ricordi, dalle emozioni, dai giudizi. Questo movimento veloce e costante crea una specie di nebbia, un fumo denso che avvolge le persone e le rende incapaci di percepire la realtà. La mente deforma in continuazione la realtà, e ci porta a identificarci sempre di più con i nostri pensieri, le nostre preoccupazioni, le nostre insicurezze, le nostre debolezze e meschinità. Le scritture Yoga, come gli Yoga sutra di Patanjali, chiamano tutto ciò con il termine sanscrito avidya, non conoscenza, conoscenza illusoria. In un solo minuto attraversano la nostra mente molte decine di pensieri, a volte contraddittori e incoerenti, deviati e mutati continuamente dalle molteplici attività dei sensi e della memoria. Questa girandola, questa nervosa giostra ci distrae per gran parte della vita da ciò che invece dovrebbe meritare la nostra attenzione, ossia il nostro essere, il fatto che esistiamo, e la bellezza e primordialità di ciò che ci sta intorno. Il sentimento di stupore originario di fronte all'essere, di cui parlavano gli antichi filosofi, che ci dovrebbe spingere alla ricerca della verità e del centro dell'esistenza, viene relegato a pochi momenti dell'infanzia o dell'adolescenza, e poi quasi in tutti viene sommerso dagli impegni di lavoro o familiari, dalle preoccupazioni quotidiane, dalle incombenze che non finiscono mai. Forse in qualche sparuto momento, da adulti, magari guardando il cielo una notte d'estate e vedendo quanto siamo piccoli, abbiamo pensato come sia assurda un vita condotta così, che tra l'altro può terminare da un momento all'altro o può enormemente complicarsi in un attimo per una malattia, o per una perdita. La meditazione, che può dare un senso nuovo e più pieno alla vita, non si può comprare, nemmeno con tutto l'oro del mondo: si impara con l'esercizio, così come si impara a camminare da piccoli, e dopo un po' ci si accorge che è il nostro stato naturale. All'inizio ci troveremo di fronte a mille resistenze inconsce, vedremo direttamente la pazzia della mente. Se saremo costanti, quando la mente finalmente farà silenzio, potremo vedere il mondo e la nostra stessa esistenza sotto una luce nuova e diversa, di cui non sospettavamo la presenza. La gioia provata allora è indescrivibile: nello Yoga viene detta Samadhi, unione con l'origine, e rappresenta il significato originario della stessa parola Yoga, il giogo, l'unione. PROGRAMMA DEL CORSO DI MEDITAZIONEIl corso si articola in più fasi, in cui si cercherà di impadronirsi gradualmente delle tecniche di meditazione, avvicinando esperienze di diverso tipo, in modo che ognuno possa trovare il tipo di pratica che più gli è consono. Lo studio delle tecniche e le meditazioni guidate saranno sempre accompagnati dalla lettura commentata di alcuni testi fondamentali nella storia delle tecniche ascetiche e meditative, come gli Yoga Sutra di Patanjali, alcune Upanishad, alcuni classici del Vedanta, le opere di Shankara, nonché esperienze di yogi contemporanei.
LE TRE FASI DELLA MEDITAZIONE RILASSAMENTO INTERIORIZZAZIONE ESPANSIONE LA VIA DEL RAJA YOGA IN OTTO PASSI ( ASHTANGA YOGA ) BAHIRANGA (membra esterne) YAMA astinenze NIYAMA osservanze ASANA posture PRANAYAMA controllo del respiro PRATYAHARA ritrazione dei sensi ANTARANGA O SAMYAMA (membra interne) DHARANA concentrazione DHYANA meditazione SAMADHI estasi (unione) ESERCIZI DI MEDITAZIONE SAGUNA (con forma) NIRGUNA (senza forma) RUPA (forma) MANTRA (suono) JYOTIR (luce) |
O insensata cura de' mortali, quanto son difettivi silogismi quei che ti fanno in basso batter l'ali! Chi dietro a iura , e chi ad amforismi sen giva, e chi seguendo sacerdozio, e chi regnar per forza o per sofismi, e chi rubare, e chi civil negozio, chi nel diletto de la carne involto s'affaticava e chi si dava a l'ozio, quando, da tutte queste cose sciolto, con Beatrice m'era suso in cielo cotanto gloriosamente accolto.
Dante Alighieri, Paradiso, XI NATARAJA |